Maggio 2020

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI INADEGUATI: CONDANNA DELL’AZIENDA AI SENSI DEL D.LGS 231/2001

Commento a Cassazione penale, sezione IV, 5 maggio 2020, n.13575

Con la sentenza in commento la Suprema Corte, pur dichiarando l’intervenuta prescrizione del reato di lesioni personali colpose nei confronti dell’amministratore unico di una s.p.a per l‘infortunio alla mano di un dipendente, ha condotto un accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito era stato commesso.

All’azienda era stato contestato l’illecito amministrativo ex art. 25 septies comma 3 D. Lgs. 231/2001 e confermato la sanzione irrogata di € 30.000,00 per violazione delle norme di sicurezza sul lavoro: l’incidente riguardava un lavoratore che si era ustionato la mano per rimuovere dei residui di plastica da un iniettore, aiutandosi con un’asticella di rame, senza usare guanti appropriati per prevenire il rischio di bruciature.

Punto nodale della condanna riguarda l’inadeguatezza dei presidi forniti ai dipendenti, in particolare l’uso di guanti in gomma considerati utili a proteggere dal rischio di taglio, ma
non dalle ustioni “e della loro pericolosità, in quanto si incollavano alle mani del lavoratore aumentando la probabilità di verificarsi di eventi lesivi”. La distribuzione di guanti in cuoio agli operai, eccepita dalla difesa degli imputati, era infatti risultata successiva all’incidente e alle disposizioni dell’USL.

Nella fattispecie, oltre al profilo di responsabilità da reato dell’azienda in applicazione del D. Lgs. 231/2001, veniva contestata anche la responsabilità penale personale del datore di lavoro in materia di sicurezza, in particolare: “l’omessa adeguata formazione dei lavoratori, l’assenza della scheda-stampo, l’omessa indicazione nel DVR dei rischi e delle modalità per farvi fronte”. In merito al profilo di responsabilità personale del datore di lavoro, si deve rilevare che veniva dichiarata l’intervenuta prescrizione del reato di lesioni personali colpose nei confronti dell’amministratore unico di una s.p.a.

Dall’istruttoria era infatti emerso che gli operai per non interrompere il ritmo della lavorazione non attendevano il raffreddamento della macchina, in quanto “l’azienda non aveva mai prospettato agli operai tale eventualità e non aveva fornito spiegazioni relative alla tecnica di rimozione dei tappi di plastica che ostruivano l’iniettore. La prassi seguita, secondo quanto esposto da tutti i testi, consisteva nel non interrompere il ciclo produttivo senza attendere il raffreddamento per venti o trenta minuti nel caso in cui si fosse verificato l’inconveniente del tappo”.

In altre parole, secondo i giudici della Cassazione anche i comportamenti scorretti dei dipendenti andavano addebitati alla società in quanto l’azienda, oltre a dover fornire le giuste protezioni individuali, doveva mettere il lavoratore nelle condizioni di fronteggiare tutti i rischi prevedibili.

La Suprema Corte rilevava che l’adozione di un modello organizzativo, rivelatosi inadeguato alla prevenzione del rischio reato, oltre che l’omessa formazione dei dipendenti, hanno deposto in favore di un accertamento del profilo soggettivo della colpa specifica. (“alla società era stata ritualmente contestata un’ipotesi di colpa specifica concernente l’omessa adeguata previsione di un modello organizzativo adeguato, nel quale rientra anche la mancata formazione dei dipendenti, aspetto adeguatamente trattato nel corso del procedimento sin dal primo grado di giudizio”). 

Sulla base di tali presupposti la Corte ha ritenuto correttamente irrogata la sanzione amministrativa in quanto l’azienda aveva risparmiato denaro per l’acquisto di guanti di protezione, non aveva curato la formazione dei lavoratori e si era avvantaggiata per l’imposizione di ritmi di lavoro, che prescindevano dalla messa in sicurezza della macchina, conseguendo in tal modo, a scapito della sicurezza dei lavoratori, un aumento della produttività.

Avv. Priscilla Desideri
p.desideri@beconcinibartoli.eu